Il Galluzzino si rinnova

Il Galluzzino si rinnova

Da qualche tempo i torrenieresi avevano notato che al Galluzzino, praticamente abbandonato a se stesso da oltre trent’anni, erano in corso dei lavori di ristrutturazione e nel contempo apparivano all’interno del terreno di proprietà, oggetti particolari come statue, vecchi carretti, addirittura un vecchio carrozzone in legno, attrezzi ormai fuori uso e quant’altro. La curiosità innata che abita in ognuno di noi, ha spinto più persone a chiedere chi ci abita, cosa sono tutte quelle cose “strane” che si vedono fuori dal palazzo e se per caso, noi come Pro Loco,  avessimo saputo qualcosa di più al riguardo. Ovviamente no. Non è detto che, anche se ci fa piacere, noi dobbiamo conoscere tutti coloro che decidono di avvicinarsi, in un modo o nell’altro, al nostro paese. Comunque, vista l’insistenza con cui le richieste ci arrivavano e che il Galluzzino bene o male è parte concreta della storia del nostro paese, diciamo che cercando di rendere un servizio pubblico, ci siamo avvicinati tentando di incontrare qualcuno del posto e chiedere qualche chiarimento, confidando nella cortesia dei nostri interlocutori.

Beh, devo dire che è stata una vera sorpresa. Innanzitutto per la cortesia, appunto, che non era affatto data per scontata. In secondo luogo per quello che abbiamo scoperto.

La realtà infatti è che non si tratta della ristrutturazione di un vecchio immobile per farne la villa di qualche ricco signore un po’ egocentrico che ama circondarsi di cose particolari, ma di un gruppo di persone che amano recuperare oggetti del passato, semplicemente per pura passione.

La cosa più importante però è che lo scopo di tutto questo non è quello di esibire oggetti per la vendita, come farebbe un qualsiasi antiquario, ma quello ben più nobile di metterli in mostra per suscitare vecchi ricordi nella mente di chi li ha “vissuti” e nel contempo far capire ai più giovani come era la vita di una volta. Ed ecco svelato il mistero. Tutti gli oggetti  che si vedono al di fuori del palazzo, sono stati recuperati all’interno, restaurati, o portati dagli stessi proprietari, con l’unico intento di esporli al pubblico.

Lo stesso fabbricato viene ricostruito, direi anche con un certo gusto, cercando di rispettare la sua natura, arredato con oggetti reperiti all’interno o addirittura recuperati sotto terra durante i lavori e rimessi a nuovo. L’idea sarebbe quella di farne non un’abitazione ma una specie di museo aperto, al cui interno potranno trovare posto intere collezioni di oggetti del passato disponibili per chiunque voglia visitarle. Ma per questo bisognerà attendere le decisioni di tutti i membri del gruppo e la fine dei lavori che, come ci dicono, hanno subito notevole ritardo a causa delle limitazioni del covid.

Tutto questo non può che farci piacere, visto che la Pro Loco da tempo si batte per il recupero di quei pochi monumenti storici che sono scampati alle innumerevoli devastazioni a cui il paese è stato sottoposto a causa della sua posizione strategica. La promessa che ci siamo fatti è quella di ritrovarci a lavori finiti per un resoconto più particolareggiato, con foto e dettagli di questa  interessante iniziativa.

La statua di un cane fa la guardia all’ingresso del piazzale

Il Galluzzino nella toponomastica

dal “Bestiario Stradale” di Raffaele Giannetti

Galli di passaggio

Il viaggiatore del Gran Tour doveva certamente chiedersi che cosa avessero a che fare galli e galline con la viabilità, dal momento che, uscito da Firenze passando per il Galluzzo, entrava in Torrenieri per un più modesto Galluzzino. Arrivato poi a Gallina, sul 43° parallelo, sentiva nuovamente storie di polli e d’osterie.

Diciamo subito che non si tratta di galli ma di calli – plurale di calle –, cioè passaggi, luoghi di transito, accessi, sentieri e strade, ovvero di parenti più o meno lontani delle gallerie, che soltanto una lenizione ha fatto coincidere con un nome d’animale. Non è casuale, infatti, la posizione di tutti i luoghi che portano simili nomi. E tutto questo nel rispetto delle forme della lingua e delle sue metamorfosi.

Se prendiamo in esame toponimi come Gallina Morta, a cui possiamo avvicinare Calimorti o Gallampio, ci rendiamo conto della plausibilità di questa ipotesi. Nonostante l’evidenza e la semplicità della dinamica invocata, gli studiosi di toponomastica rimandano al nome dell’animale: «ancor meno decifrabili sono i toponimi zoonimici che si riferiscono a fatti accidentali occorsi in determinate località o a particolari leggendari ed aneddotici di cui non conosciamo nulla di sicuro».

Non possiamo credere che i vari galli o galluzzi e via dicendo, dispersi per la provincia di Siena – o per tutto il territorio nazionale – siano zoonimi, perché Gallina Morta indica chiaramente un percorso non più utilizzato, un ‘calle morto’. Del resto, Gallampio è citato proprio come derivato dall’aggettivo latino amplus ‘ampio, largo’. E l’aggettivo si trova assai meglio con un ‘calle’ che con un ‘gallo’. Inoltre, sappiamo bene che l’aggettivo morto non è meno pertinente a un sentiero o a una via che a un animale (binario morto, per esempio). Chiarissima, infine, la funzione di una galleria.

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