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Torrenieri e il Postale del Granduca

Torrenieri e il Postale del Granduca

Raffaele Giannetti che da tempo collabora con la Pro Loco Torrenieri e con ScarpeDiem Torrenieri, mi ha passato questo articolo che Bruno Bonucci6, da lui ben conosciuto, scrisse per una rivista che, credo, non esista più. L’argomento riguarda i viaggi con i postali del Granduca, verso la metà del 1800. Il testo è stato leggermente modificato rispetto alla sua impaginazione su carta per adeguarlo alle esigenze del web, ma non è stato assolutamente alterato.

Da Firenze a Roma con il Postale del Granduca

di Bruno Bonucci

Queste poche note sui viaggi in postale che collegavano Firenze a Roma dal secolo XVII fino all’avvento della ferrovia sono riprese da un dono di nozze, Le poste e i viaggi tra Firenze e Roma nei secoli XVII e XVIII con cui il giornalista fiorentino Ettore Bernabei, che fu uno dei fondatori e poi direttore de La Nazione di Firenze, salutava il «fausto evento» del sabato 8 febbraio 1902: il matrimonio di una fanciulla, il cui nome purtroppo non conosciamo, con un tal Bevilacqua (un lombardo, sembra). Il padre della sposa, Leonida Giovannetti, era collega e amico del Bernabei. Dopo le nozze «la gentile sposa prenderà stabile dimora» a Roma, ci dice l’autore.
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Sarà stato questo trasferimento a fornire al Bernabei il destro per il suo dono o magari lo sposo era un funzionario del Ministero delle Poste e Telegrafi. Come che sia, il viaggio, il trasferimento sono sempre un simbolo forte, una metafora appropriata per l’inizio di una stagione della vita.
La nostra sposa dopo il matrimonio, andando a Roma, si portò il libretto del Bernabei che avrà contribuito a far apprezzare i vantaggi del suo viaggio, avvenuto senz’altro in treno, sistemata comodamente accanto al suo sposo sul rosso divano di un caldo scompartimento di prima classe, rassicurata dalla grave presenza del capotreno dell’espresso della Società Mediterranea (vedi nota a lato)
Lasciamo la modernità della ‘direttissima’ Firenze-Roma per andare ai viaggi nei postali e in particolare in quelli del granduca di Toscana. Nel medioevo il viaggio da una città all’altra procedeva per tappe. Si sostava nelle mansiones dotate di spedali creati non di rado da abbazie, dai vescovi o dai sovrani: possiamo riferirci al piccolo ospedale delle Briccole (Abrícula) in Val d’Orcia o al grande ospedale senese di S. Maria. Con le crescenti esigenze di comunicazione e di spostamento i luoghi di sosta si andarono stabilizzando in maniera sempre più funzionale per messaggeri pubblici o privati, organizzati per favorirne e accelerarne il viaggio con locande e cambio di cavalli. Nell’Europa centrale, già con il Cinquecento, nasceva una rete distributiva della corrispondenza, organizzata dai Taxis (!), una famiglia bergamasca, poi trentina. l Taxis, sotto la tutela del potere imperiale, estesero il servizio di corrispondenza prima ai paesi asburgici e poi, a largo raggio, fra le città di Vienna, Parigi, Milano, Venezia, Firenze, Roma gestendo la rete fino al Settecento. 

L’organizzazione del trasporto della corrispondenza sembra aver preceduto quella del trasporto di persone e piccole merci. Nella Toscana dell’età medicea sono attivi i privati con la gestione dei luoghi di sosta e dal 1681 il servizio è avocato allo Stato e gestito concedendolo ad appaltatori dei locali adibiti al cambio dei cavalli, alle locande e osterie annesse.

Nel 1746 la Reggenza lorenese riordinò il servizio e furono stabilite definitivamente nel territorio del vecchio Stato senese le stazioni di posta a Poggibonsi, Castiglioncello, Siena, Monteroni, Buonconvento, Torrenieri, La Poderina, La Scala, Ricorsi e Radicofani. ll servizio regolava il movimento dei viaggiatori, il cambio dei cavalli e il trasporto della corrispondenza. Il granduca aveva a Roma l’ufficio della Posta Toscana presso il Pantheon, con l’alloggio degli ordinari e procacci fiorentini gestito da due ministri. I postali del granduca raggiungevano Roma da Firenze per due itinerari diversi. Uno seguiva, per Arezzo, la Val di Chiana e raggiungeva Perugia, Foligno, Terni, Narni, Civita Castellana e Roma. L’altro seguiva la Regia Postale per Siena, Viterbo, Ronciglione, La Storta, Roma.

Corrieri del governo granducale negli anni Quaranta dell’Ottocento. La riproduzione, tratta da #I corrieri del Mangia, presenta un ordinario che, accompagnato da due dragoni, parte da Firenze alle 5 della sera del martedì, giovedì e sabato per Roma. La carrozza è una quattro posti che può portare, oltre al corriere postale, 4 passeggeri con un bagaglio gratis fino a 40 Kg a testa. Il viaggio va prenotato a Firenze presso la Direzione delle Poste in Piazza del Granduca (l’odierna Piazza Pitti).

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Le strade ferrate italiane

Le strade ferrate italiane.
Nel 1903, al tempo della signorina Giovannetti, la rete ferroviaria italiana era già disegnata per come la vediamo oggi. La strada ferrata, uno dei frutti diabolici della modernité, tanto esecrato da papa Gregorio XVI (1831-1846), si era diffusa nei diversi Stati italianI senza un progetto comune, spesso per iniziative di privati. Ricordiamo dalla scuola le prime ferrovie della penisola: al 1839 risale l’apertura della Napoli-Castellammare fino alla Regia Casina Quisisana, al 1840 nel Lombardo-Veneto la Milano-Monza.
La prima strada ferrata in Toscana progettata già nel 1839 fu la Firenze-Livorno, la Leopolda. Andata in concessione a una società privata e anonima, dopo 5 anni entrava in funzione il tratto Livorno-Pisa e per il resto era ultimata nel 18482. Nel 1858 erano state realizzate già la Livorno-Pisa-Firenze (staz. Leopolda) e la Siena-Empoli, oltre alla linea che risaliva, tortuosa e ardita, l’Appennino da Pistoia per la Porretta verso Bologna.
La linea Asciano-Grosseto sarà in costruzione nel 1861 per Torrenieri-Montalcino (tratta attivata il 15 maggio 1865 con l’inaugurazione della Stazione monumentale di Torrenieri che rimase capolinea fino al 1872, anno in cui fu inaugurata la tratta verso Grosseto n.d.r.), Monte Amiata Stazione e Sant’Angelo in Colle (Sant’Angelo Scalo n.d.r.). Si pensi alle complicazioni dei viaggi lungo la penisola a causa dell’assenza di collegamento fra reti orientate sulle capitali dei diversi Stati. Con l’Unità d’Italia e dopo il trasferimento della capitale da Firenze, s’era imposto il collegamento del centro-nord della penisola con Roma per la Toscana, conclusosi net 1875 con il raccordo Orvieto-Orte.
Per dire della tortuosità del viaggio per Roma prima di questa data, a un viaggiatore che volesse raggiungere la capitale da Bologna, conveniva seguire la via più diretta che collegava le linee di quattro diverse società attraversando la Toscana per Firenze-Empoli-Siena-Chiusi.
Il 1 luglio 1905, in uno stato di salute sempre più precario raggiunto dalle diverse società esercenti le reti – Mediterranea (nord e centro Italia fino a Napoli), Adriatica e Sicula – il governo di Alessandro Fortis4 procedeva alla nazionalizzazione con la nascita delle FF.SS.

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La posta granducale di Firenze, la cui direzione era situata nel secolo XVIII nell’odierna Piazza Pitti, ha rappresentato sempre un passaggio fondamentale dei collegamenti fra l’Europa e l’Italia peninsulare. Infatti da Firenze i postali, provenienti da Roma, recanti la corrispondenza della città, di Napoli e della Sicilia, si dirigevano, per Genova, a Lione e, per Milano e Venezia, verso i Paesi tedeschi, le Fiandre, l’Olanda e l’lnghilterra. Naturalmente l’itinerario da Roma a Firenze, percorso dai postali internazionali, era quello per Viterbo e Siena risultando più breve dell’itinerario per Arezzo e di migliore transitabilità. A questi itinerari di passaggio si aggiungerà che alla posta fiorentina arrivavano e partivano i postali per i centri della Toscana e dello Stato Pontificio.

Nell’immagine sottostante: viaggio da Firenze a Roma (G.B. Saffi Bologna 1771)

‘Direzione pe’ viaggiatori in Italia colla notizia delle poste e loro prezzi’.

Il percorso stradale è segnato dalla doppia linea puntinata. II confine fra il Granducato e lo Stato Pontificio è indicato qui nella mappa dell’itinerario per Ponte a Centino (Centeno) mentre nell’itinerario postale (vedi più sotto) è per Pontedecimo fra Radicofani e Acquapendente. Si osserverà che l’itinerario, dopo la città di Viterbo, deviava dall’attuale direttrice della Cassia per risalire i monti Cimini e raggiungere Ronciglione. In alcuni tratti dell’itinerario si nota il simbolo % che indicava l’applicazione al postale di un cavallo di rinforzo.

Leggendo l’orario del viaggio Firenze-Roma riportato qui a margine, i tempi di percorrenza potranno apparire esageratamente lunghi. Ma vi era una serie di ragioni perché nel redigere un orario si largheggiasse non poco sui tempi. 

Le condizioni della strada -costanti sono le rimostranze sia per la carreggiata che per la regimazione delle acque- costringevano i cavalli ad andare al passo. Incessanti le successioni dei rilievi di un territorio in prevalenza collinare, con più o meno lunghe risalite e discese: si pensi al tormentato lungo tratto dell’itinerario fra Firenze e Siena, al breve ma altrettanto faticoso percorso da Buoncovento a S. Quirico d’Orcia (per cui risultava utilissima la posta a Torrenieri che si trovava più o meno a metà della tratta n.d.r.), alla forte risalita alla posta di Radicofani e, nel territorio pontificio, a quella per Montefiascone e l’arduo scavalcamento dopo Viterbo dell’area montagnosa dei Cimini.
Le variazioni considerevoli dei tempi erano legate inoltre alle condizioni climatiche, alla frequenza di imprevisti, derivanti dal comportamento degli animali, dai guasti delle carrozze che rendevano le situazioni drammatiche. Laboriose erano poi le operazioni alla stazione di posta. In proposito, il Codogno nel suo Nuovo itinerario4 notava che «in Fiorenza particolarmente sarà poco l’essere spedito in quattro hore››. Peggio quando arrivavano dispacci del Granduca o del governo del Papa che ingiungevano ai posteri di rendere disponibili cavalli nel numero richiesto dalla ‘guida’ di una carrozza di un funzionario dello Stato o di partire immediatamente per portare a destinazione una staffetta «cavalcando giorno e notte senza perdimento di tempo alcuno». In questi casi, le stalle si svuotavano dei cavalli di cambio e una diligenza in arrivo era costretta a ‘trapassare’ la posta proseguendo con i cavalli stanchi. Nel citato I corrieri del Mangia, non mancano esempi di queste difficoltà. Come le disavventure in cui cadde nel 1797 il postiere di Torrenieri in occasione del passaggio dell’ambasciatore Giuseppe Buonaparte, fratello del generale Napoleone, i cui cavalli dovettero “trapassare” verso la posta della Poderina perché il Nozzoli non ne aveva più disponibili, mentre ne occorrevano ben 16. Ma il povero Nozzoli poco prima ne aveva dovuti consegnare già altri a un corriere del governo (ivi, pp. 201-2). È facile pensare le difficoltà di quel giorno per gli ordinari del servizio. Si aggiungeranno ai disagi che potremmo chiamare normali, i pericoli derivanti dalle non rare aggressioni, eterna minaccia dei viaggiatori. Il Codogno, mentre faceva notare che gli aggressori erano attratti da denari e oggetti preziosi affidati abitualmente ai procacci, criticava anche il fatto che questi non prendevano nota dei valori ricevuti in consegna, cosa questa che dava adito alle non rare simulazioni di aggressioni. Ma non trascuriamo un accenno dal sapore positivo ai luoghi delle poste. Gli arrivi e le partenze degli ordinati con il loro carico animavano i centri deve erano le stazioni. In particolare quelli distribuiti sugli itinerari internazionali: la complessa organizzazione di uomini, gli approvvigionamenti per gli animali, le manutenzioni dei luoghi e dei mezzi, le richieste legate al transito e alle soste, anche prolungate, cui non di rado erano costretti i viaggiatori. Per esemplificare facciamo il caso di Torrenieri, con la sua posta che dal secolo XVII è bene attestata già esistente nel’importante edificio di Capo Borgo (Fig. 3) e trasferita, riteniamo nel finire del Settecento, nel palazzo Ballati in prossimità dell’Asso. Durante gli oculati restauri, a cura di Mario Ciacci5, sono venuti alla luce nel piano terreno dell’antico edificio del Poggio, insieme ai resti di poderose strutture murarie che rendono ragione dell’antica mansione di Turreiner, gli ambienti funzionali della stazione: un efficiente e prezioso sistema di fornitura idrica, le ampie e adeguate stalle dalle pavimentazioni in accoltellato per la tenuta di decine di cavalcature, ampi magazzini di approvvigionamento, una cella che doveva essere il luogo di detenzione dei criminali di passaggio. Il piano superiore dell’edificio era certamente adibito a locanda.

Lo stato d’anime della parrocchia di Torrenieri del 7 dicembre 1672 si apre con gli abitanti di Capo Borgo ed è indicata l’«Osteria del Sole», dove vive Simon Pietro Cantucci con la moglie Caterina, tre figli e due garzoni. Adiacente all’edificio della posta è il podere di Capo Borgo deve vivono e lavorano otto adulti, un garzone e cinque figli, mentre in un’altra casa prossima alla posta vive il pigionale Giuseppe Pistoi con la moglie e due figli. Dopo il 1681, anno in cui il granduca avoca allo Stato la diretta gestione dei luoghi di posta, l’osteria ha cambiato nome: e divenuta l’«Osteria della Posta».

Come leggiamo nello stato d’anime della parrocchia del 1685, le osterie di Torrenieri risultano essere le seguenti: a Capo Borgo l’osteria del Sole (poi della Posta), a Mezzo Borgo l’osteria della Corona e nel borgo le osterie del Leoncini, della Campana (nella via detta la Ruga) e del Giglio (A.V.M., fil. 329, Stati d’anime, a.1672, a. 1685).

In conclusione, per dire il peso che aveva la presenza della posta a Torrenieri, si consideri che in questi anni nelle cinque osterie del castello gravitavano direttamente ben 38 delle 111 anime della parrocchia che vivevano dentro il castello.


Postale settecentesco con il tiro a quattro. Il postiglione o i postiglioni cavalcavano i cavalli di sinistra. L’arrivo e la partenza del postale dalla stazione erano segnalati dal suono del corno e dallo schiocco delle sferze (da Direzione pe’ viaggiatori in Italia, colla notizia di tutte le poste e loro prezzi. Per G. B. Saffi, Bologna 1771).

NOTE

1 – Gli itinerari maggiori si snodavano sulle 10 strade regie postali di 1 classe che muovevano per la maggior parte da Firenze. In questa rete stradale i collegamenti postali più importanti, da e per Firenze, erano sulla via Romana per Arezzo che raggiungeva Cortona, sulla via Romana per Siena, che raggiungeva il confine dello Stato della Chiesa dopo Radicofani a Ponte Centeno e la Livornese per Pisa. Quelli di passaggio da Firenze portavano per la Bolognese verso le città del nord Italia e per la Sarzanese verso Genova.

2 – E. Repetti sul suo ‘Dizionario geografico fisico storico della Toscana’ nel dare queste notizie si soffermava sul «grande concorso giornaliero» di persone e merci che ebbe la Livorno-Pisa, con soddisfazione particolare per gli azionisti, tanto «che – osservava a molti è venuta la smania di associarsi per via di azioni at progetti di altre strade ferrate della Toscana». Su questo tema egli mostrava una particolare sensibilità quando paragonava «questa smania» alla «frenesia di speculare sul gioco» che si faceva contemporaneamente «in Inghilterra colle azioni per le Strade Ferrate da aprirsi in quel regno» che aveva fatto «dire a lord Brougham (1779-1879 – liberale britannico – fu lord cancelliere) nel Parlamento del 7 aprile 1845 parole poco favorevoli a cotesto nuovo mercimonio». 

3 – Il forlivese Fortis, garibaldino nel ’66, della sinistra costituzionale, dimessosi nel 1899 dal governo del gen. Pelloux fu del gruppo di Giovanni Giolitti al quale successe nella Presidenza del Consiglio (marzo 1905 – febbraio 1906).

4 – O. Codogno, Nuovo itinerario delle poste per tutto il mondo, Venezia 1608.

5 – M. Ciacci, La Torre Nera. Torrenieri in Montalcino, la via Francigena, Il paese, la campagna, Siena 1999.

6 – B. Bonucci è nato a Torrenieri, ha insegnato Storia e Filosofia presso il Liceo ginnasio «Giulio Cesare» di Roma, si occupa di storia della Toscana medievale. Ha collaborato al Bullettino senese di storia patria e ha pubblicato, fra gli altri suoi interventi, un apprezzato studio sui restauri ottocenteschi dell’abbazia di Sant’Antimo.

3 commenti

  1. Gian piero

    Mi piace. Trovo che sia molto interessante recuperare notizie riguardo alla nostra storia. continuate a pubblicarle e io continuerò a seguirvi.

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